Ho sei figli, cresciuti praticamente a due a due: femmina-maschio, maschio-femmina, maschio-femmina.
I miei primi quattro figli (Valeria, Riccardo, Massimo e Stella) hanno tutti due anni o due anni e mezzo di differenza tra loro, mentre gli ultimi due figli (Nicola ed Elena) hanno tre anni di differenza tra loro e sono nati a sei anni di distanza da Stella.
Per individuarli facilmente a volte vengono descritti a coppie (anche da me, lo ammetto) come: i grandi, i medi e i piccoli.
Semplificazione che però li incasella troppo e penalizza in qualche modo i medi dandogli quell’aura di né carne né pesce, che in realtà non gli si addice per niente!
Per questo motivo preferisco distinguere i miei sei figli in grandi e piccoli.
Quando parlo dei figli grandi, mi riferisco ai primi quattro figli, con cui ho rapporto e un dialogo diverso da quello con Nicola e Elena, sebbene, come per ogni genitore, sia il rapporto e il dialogo siano ancora diversi con ogni singolo figlio.
Se dovessi dare una definizione a coppie dei miei figli, sarebbe più giusto parlare di figli adulti, figli grandi e figli piccoli.
Tutto è relativo – si sà – e quando Valeria e Riccardo avevano l’età di Nicola e Elena, loro erano i grandi rispetto a Massimo e Stella, ma facevano ancora le elementari e tanto grandi non erano.
Quello che vorrei raccontarvi oggi è il rapporto con i figli adulti, che è qualcosa di ancora diverso di quando si parla di figli grandi.
I figli adulti sono figli grandi che ormai hanno una loro vita ben definita e distinta dalla nostra, con cui comunque c’è sempre un legame molto forte. Come si suol dire, nel bene e nel male: la mamma è sempre la mamma.
Il fatto che i figli abbiano una loro vita, per me è fonte di soddisfazione, di fierezza e di serenità.
In qualche modo è come se pensassi: è fatta, freccia scoccata!
Proseguite il volo, che intanto io riprendo contatto con le mie braccia, le mie gambe, la mia mente concentrata, i miei battiti del cuore.
Il mio sguardo non li perde di vista, godo di quel che vedo e so che sanno di poter contare su di me per qualunque cosa e questo mi fa stare tranquilla che se avessero dei problemi o bisogno di parlarmi, lo farebbero, come io so che potrei, e posso, farlo con loro.
Si tratta di un rapporto non solo tra madre e figli, ma un rapporto tra adulti, con tutta la sua pienezza, reciprocità, allegria, leggerezza, intensità, vicinanza, rassicurazione, aiuto, comprensione reciproca e coccola quando necessaria.
Loro, come tutti i figli di ogni età, colgono i miei momenti difficili e le mie stanchezze, come io colgo i loro, ma insieme abbiamo un’arma in più che è l’aiuto concreto che ci diamo l’un l’altro.
A volte uniamo sia le stanchezze che le forze. Come oggi, che Riccardo ha bisogno di un’aspirapolvere per casa sua a Torino ed è anche provato dagli esami in rapida successione prima di iniziare il nuovo anno accademico. Lo stesso vale per Valeria, presissima dallo studio, pur senza bisogno di un’aspirapolvere (per ora).
È domenica e anche io ho bisogno di staccare, di distrarmi e prendermi un momento per me.
“Mamma, se mi puoi portare l’aspirapolvere, ti invito a pranzo.” (Riccardo)
Wow!
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“Pronto Valeria, oggi vengo a Torino e pranzo con Ricky, come stai?”
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“Bene, sto studiando. Dopo pranzo passi da me a prendere un caffè?”
Affare fatto! Bello avere figli grandi…anzi, adulti!
E voi? Come li definite i vostri figli universitari o ultra maggiorenni?